Le nuove frontiere della traduzione audiovisiva

disabilità sensoriali e fruibilità dei prodotti

di Laura Giordani

Cosa intendiamo quando parliamo di “traduzione audiovisiva”?

Quando rivolgo questa domanda agli studenti dei corsi universitari e di alta specializzazione che ho il piacere di tenere, leggo nei loro occhi un misto tra sconcerto e stupore, scetticismo e curiosità.

In genere, il primo collegamento che viene in mente è quello con la mera traduzione: traslare un messaggio “da una lingua all’altra”, mantenendo l’integrità della comunicazione.

Nel caso delle disabilità sensoriali, però, possiamo dire che la traduzione audiovisiva comporta lo spostamento del messaggio da un “linguaggio all’altro”, mediante una delicata operazione di conversione dei codici filmici e letterari universalmente standardizzati.

Arriviamo al dunque con un esempio: nel doppiaggio i prodotti audiovisivi stranieri vengono necessariamente tradotti, adattati e doppiati per renderli comprensibili agli spettatori italiani, per riprodurre le emozioni, le intenzioni e il significato dell’opera originale: una elaborazione della lingua necessaria per adattare i dialoghi ai movimenti delle labbra degli interpreti stranieri.

Nonostante questo, una parte rilevante della popolazione non può godere a pieno di un prodotto così confezionato perché sensorialmente lesa.

È possibile rendere pienamente accessibili i prodotti multimediali ai disabili sensoriali? Come si fa a restituire l’interezza di un film, di una serie televisiva o di uno show a chi non può sentire o vedere?

È appunto qui che entra in gioco questa particolare forma di “traduzione audiovisiva”, che, per ciechi e ipovedenti, ha lo scopo di tradurre in parole le immagini che scorrono sullo schermo e, per i sordi, di convertire suoni e parole in sottotitoli o nella lingua dei segni (LIS).

Grazie all’accessibilità audiovisiva, gli spettatori con disabilità sensoriale possono fruire di tutti i contenuti con la stessa completezza degli utenti normodotati.

Nello specifico vorrei focalizzare l’attenzione sull’audiodescrizione, la traduzione delle immagini in parole, che danno forma a immagini nella mente dello spettatore cieco o ipovedente.

Questo servizio rende accessibili eventi culturali e prodotti multimediali, tra cui opere teatrali, cinetelevisive, installazioni museali (ecc), tramite una traccia audio che descrive ciò che accade sullo schermo o dal vivo, lasciando liberi suoni, rumori e dialoghi, poiché solo la combinazione armoniosa di tutti questi fattori può trasmettere al cieco grandi emozioni.

L’audiodescrittore, deputato alla redazione del testo audiodescritto, è definibile come: “un professionista altamente formato che descrive oggettivamente quanto accade in scena, traducendo in parole le azioni, il linguaggio del corpo, le espressioni del viso, l’ambientazione e gli abiti, nel pieno rispetto del destinatario, delle linee guida europee e italiane, nonché dell’opera originale”.

Il testo redatto viene poi affidato all’abilità di speaker / voci narranti, tecnici del suono, fonici di doppiaggio, sincronizzatori e mix… per incidere, sincronizzare e missare l’audiodescrizione con il prodotto.

Come da tutto questo si può evincere, il lavoro nel campo dell’accessibilità audiovisiva richiede alta formazione e cooperazione tra diverse figure professionali, che si interfacciano e si confrontano al fine di restituire agli utenti prodotti di qualità.

La magia dell’audiodescrizione richiede ingredienti specifici: misura, rispetto delle regole, conoscenza dei codici filmici e sensibilità, perseguendo la tortuosa strada che porta a una cultura senza barriere. Che non lasci indietro nessuno; che faccia del “tutti inclusi” non solo un diritto evocato, ma un dovere istituzionale e aziendale, a partire dalle major e dalla grande catena dei multisala per arrivare al televisore di casa nostra.

Nel prossimo articolo parleremo della figura professionale dell’audiodescrittore.

©️Laura Giordani